Perché non saprei cosa farmene. Il denaro non aumenta di nulla la ricchezza del mondo, perché può acquistare unicamente ciò che c'è già, può trasferire solo la titolarità della proprietà delle cose. Può spostare ricchezza, non è esso stesso ricchezza.. Il denaro raggiunge la sua perfezione e la sua purezza quanto più si smaterializza, perché il denaro in quanto tale non esiste in natura: è un'astrazione. Infatti in qualsiasi forma si presenti (moneta-merce, oro, monete metalliche, cartamoneta, banconote, azioni, obbligazioni, registrazioni in conto corrente, impulsi elettronici, tacca con cui il barista segna che gli devo un caffè) il denaro è una promessa. Funziona da intermediario nello scambio non perché è un valore materiale ma in quanto è una promessa.
Altrimenti si tratterebbe di un baratto, di un semplice scambio di cosa contro cosa. Chi detiene il denaro è in possesso di una promessa che qualcuno, per il momento indefinito, farà qualchecosa per lui (gli fornirà una merce, un servizio, eccetera). La moneta invece è il segno dell'esistenza di questa promessa.
Se il denaro è una promessa la moneta è una convenzione4 con la quale si concorda che un determinato oggetto funziona come garanzia di tale promessa, come titolo di credito. Infatti il denaro, quale che sia la sua forma, è sempre un credito. la promessa (cioè il denaro, oltre a essere di per sé aleatoria, non regge all'infinito. È un fatto che i debiti, alla lunga, non sono pagati. Se così non fosse, qualunque piccolo gruzzolo, depositato in banca, nel giro di qualche decennio diventerebbe, con gli interessi composti, enorme. Invece, nel giro di qualche decennio, e anche molto prima, quel gruzzolo scompare. Ma poiché il denaro non esiste, è un credo, una fede, un'illusione, può sparire anche di colpo o in pochissimi giorni. Sismondi3 fa un divertente elenco di casi, a lui vicini nel tempo, in cui il denaro si volatilizzò: l'antica Banca di Copenaghen fu costretta a sospendere i pagamenti nel 1745; rifondata nel 1791 collassò nuovamente nel 1831; la Banca di Vienna sospese i pagamenti nel 1797; e la Banca di Stoccolma, la prima Banca centrale comparsa al mondo, nel 1762 pagava soltanto 1/96 dei suoi debiti originari. Più recentemente si possono ricordare la grande inflazione che colpì gli Stati Uniti dopo la guerra di secessione (al Sud la moneta perse il 98,4% del suo valore) e quella, ancor più devastante, di Weimar che in pochi mesi cancellò l'intero risparmio tedesco, o il crollo di Wall Street del '29.
Ripetiamo: È un fatto che i debiti, alla lunga, non sono pagati. La promessa non viene mantenuta. Il denaro scotta quindi fra le mani e bisogna liberarsene prima che cominci a bruciare le dita. Come il famoso cerino acceso. L'abilità consiste, come nel gioco, nel tenere il cerino in mano fino all'ultimo momento.
Per questo gli imprenditori e i finanzieri, che sono gli individui che meglio hanno capito la funzione del denaro, lo fanno girare vorticosamente, cambiandogli di continuo impiego e trattenendo solo quel minimo di liquidità che è loro indispensabile, pronti a disfarsene del tutto. Il gran gioco del denaro è tutto qui: far ricadere, al momento opportuno, la sua inesistenza sui troppo creduloni.
Il modo più ragionevole di usare il denaro è quindi disfarsene. E anche piuttosto in fretta.1 Chi vende infatti per denaro è, in teoria, un fesso. Perché cede qualcosa che c'è (un bene, un lavoro) per qualcosa che non c'è ed è mera aspettativa di qualcosa che forse ci sarà. Scambia la certezza del presente con l'incertezza del futuro. Ed è inutile quindi mettere in discussione l'interesse o l'attività finanziaria se non si mette in discussione il denaro.
Perch� tutto � cominciato l�. � una marcia partita migliaia di anni fa, lenta all'inizio, contrastata per molti secoli; durante il Medioevo, il denaro scomparve e riapparve come una profezia intorno all'anno Mille. Da allora la sua marcia � diventata una scorribanda trionfale che ha finito per travolgere tutto, uomini e cose.
Anche nelle società degli antichi Imperi si ritiene che il lucro e il guadagno individuali incrinino la solidità e l'unità di gruppo L'equivalenza dei beni, nel baratto, è decisa dalle tradizioni e dalla legge. Ma sul luogo del mercato interviene un funzionario dello Stato che, ferme restando le equivalenze, raziona il bene in modo che tutti ne abbiano la minima quantità necessaria e i ricchi non possano accaparrarselo.
Il mercante individuale che guadagna sulla differenza di prezzo fra ciò che acquista e ciò che vende farà la sua prima apparizione in Grecia nel VII e VI sec. a C., solo dopo l'introduzione della moneta coniata.
Fu in Lidia, un piccolo regno dell'Asia minore, che, fra la fine dell'VIII sec. a. C. e l'inizio del VII, comparve la moneta (elektron) coniata in metallo prezioso, garantita, nel peso, nella misura e quindi nel valore, da chi l'aveva battuta, cioè dallo Stato era nata la forma-denaro. Insieme al denaro nacque il suo fratello gemello, il mercato. E contemporaneamente fecero la loro apparizione la filosofia, la scienza, l'economia, la polis, la democrazia, la personalità, il lavoro individuale, la povertà individuale e la solitudine dell'uomo. Lacerate infatti in modo irreparabile le strutture tribali, l'uomo, per la prima volta nella sua storia, si trovò a doversi procacciare i mezzi di sussistenza da solo o con la sua famiglia senza poter più contare sull'aiuto solidale del gruppo e nemmeno, come era stato negli antichi Imperi, sull'assistenza dello Stato.
Compaiono cioè preoccupazioni che erano ignote alla società tribale e fa capolino una concezione lineare del tempo, una proiezione verso il futuro, che è tipica di una società dove comincia a circolare il denaro. Col denaro si era entrati in pieno nella brutale età del ferro. Ed è da questo momento che l'uomo cominciò a rimpiangere una mitica età dell'oro in cui la terra dava i suoi frutti in abbondanza senza che ci si dovesse affannare troppo né scannarsi fra simili. Ora tutto ha un prezzo, tutto è monetizzabile, tutto è denaro. E col denaro compare, fatalmente, la sua prole: l'interesse, anzi l'usura perché in quei primi tempi non si fa differenza chiamandosi usura qualunque remunerazione del capitale prestato. Il prestito a interesse (di beni nde) prende piede con le civiltà urbane degli antichi Imperi (Sumeri, Ittiti, Egizi) e variava dal 20 al 33%, mentre per i più poveri e bisognosi lo Stato garantiva un interesse ridotto. Ma è con l'invenzione della moneta che si aprono le cateratte.
Mentre in Grecia classica ed in Mesopotamia il prestito a interesse (dal 10 al 40%) sfondò senza incontrare resistenza in tutte le altre parti del mondo la comparsa dell'usura sistematica, che rompeva totalmente con tutti i principi di solidarietà sociale, fu uno choc difficile da assorbire. E con il denaro e l'usura (combattuta inutilmente con la legge da Israele alla Persia, dall'India a Roma) irrompono mutui, ipoteche, depositi a interesse, prestiti su pegno, cambi di valute fino alla cambiale. Intorno al IV secolo a. C., in Grecia, compaiono le banche alla cui origine sta la figura del cambiavalute. E con esse la perdita del potere di acquisto (inflazione) cui si accompagna la diminuzione dei salari.
È la consueta tesi per cui l'ulteriore impoverimento della povera gente è inevitabile all'inizio di ogni processo di sviluppo, in quanto è necessario per costituire il capitale. Si tratta, si dice, di periodi di transizione. Peccato che non finiscano mai. Si afferma anche il regime della doppia moneta: una forte a disposizione dei mercanti e una debole usata dalla gente comune e questa disparità vige tuttora nei rapporti fra Terzo Mondo e Paesi industrializzati (ove l'imprenditore internazionale paga la manodopera o le materie prime con moneta debole - locale - e rivende poi sui mercati in cambio di dollari.) Il conseguente approfondirsi delle diseguaglianze economiche fenomeno quasi sconosciuto prima del 700 a. C. porta al tentativo di controllare questo potenziale esplosivo rappresentato dall'imponente massa dei poveri attraverso l'esaltazione, teorica, della povertà, con la creazione dell'etica della povertà dignitosa che durerà fino all'avvento della Riforma e dell'industrialismo fino a lambire i nostri giorni prima che si affermasse definitivamente il principio che solo chi ha è.
Il denaro così si avvia a diventare un fine. Scrive Max Weber: 'Che uno possa proporsi a scopo del lavoro di tutta la sua vita unicamente il pensiero di scendere nella tomba carico del massimo peso possibile di denaro e di beni, appare spiegabile solo come un prodotto di impulsi perversi'. In questo percorso, dal denaro come mezzo al denaro come fine, è fondamentale la nascita della lettera di cambio2, la prima forma di cartamoneta che assumerà nel 1694, con la Banca d'Inghilterra, la forma della banconota.
Siamo quindi alla nascita della attività di credito, con la quale emerge chiaramente per la prima volta la possibilità di guadagnare denaro con un'attività economica senza il sudore della fronte; emerge la possibilità di far lavorare a proprio vantaggio altra gente senza l'impiego di mezzi coercitivi.
E con essa si radica l'usura nonostante i divieti e le condanne (vedi Concilio Laterano del 1139 e Concilio di Vienne del 1311). Verso la fine del XVIII secolo viene legittimato in Europa un capolvolgimento di portata copernicana: si passa da un'epoca in cui l'economia è ancora subordinata alle esigenze della comunità umana a un'altra in cui le leggi economiche prendono liberamente il sopravvento ed è l'uomo a doversi piegare ad esse. I teorici di quella nuova scienza che è l'economia politica considerano le leggi economiche né più né meno che leggi di natura, ineluttabili, alle quali è inutile cercare di opporsi È nato il primato dell'economia.
Questo primato si accompagna e si sposa a cambiamenti epocali che, a partire dal XVI secolo, riguardano la concezione del tempo (il futuro viene inteso non più come un aldilà metafisico e religioso ma un aldiqua concreto legato al calcolo, al futuro che nella sua essenza è appunto il denaro. Il concetto di 'investimento' presuppone la fiducia nel futuro), la proprietà terriera (scompaiono l'inalienabilità della terra, il divieto di recintare i campi, l'obbligo di farla riposare - la rotazione a maggese -, il divieto di adibire a pascolo le terre arate senza l'approvazione della comunità), l'urbanizzazione (i cambiamenti di coltivazione decisi dai grandi proprietari costrinsero i contadini ad andarsene trasformando i più poveri di essi, 'da una popolazione di contadini dignitosi , in una folla di mendicanti e di ladri') e la Rivoluzione Industriale (1750/1870 - sposta il centro di produzione dalla terra alla fabbrica; il produttore/contadino diviene un salariato/consumatore inevitabilmente costretto a entrare nel meccanismo monetario.L'industrialismo postula infatti la necessità della moneta in ogni settore dell'economia poiché tutti i redditi devono derivare dalla vendita di qualcosa).
Così, che lavori o che riposi, l'uomo non è più il padrone del suo tempo, ma lo schiavo. La società umana diventa un accessorio del sistema economico. E il 'Fare denaro' diventa un'etica, un comandamento morale. L'industrialismo diversifica i beni, parcellizza le produzioni, aumenta la divisione del lavoro: e più il lavoratore si specializza più si allontana dall'autosufficienza e viene a dipendere totalmente dal denaro.
Se fra il XVII e il XVIII secolo l'economia si pone al centro della vita dell'uomo, sottomettendola alle sue esigenze, nel XIX è il denaro che si mette al centro dell'economia, finendo in breve tempo per assoggettarla. produzione, investimenti, risparmio, redistribuzione dei redditi dipendono dal tasso di sconto, cioè dal costo del denaro. Quindi nemmeno più direttamente dal denaro in se stesso ma dal frutto della sua gravidanza isterica: l'interesse.
La spinta decisiva a questa ascensione del denaro è stata data dalla banconota 4 con la quale il denaro si emancipa da qualsiasi valore intrinseco. A differenza di lettere di cambio, titoli di debito pubblico o certificati di deposito la banconota ha corso legale, cioè deve essere accettata su tutto il territorio nazionale. Siamo in Inghilterra nel 1700.
Nasce dunque il sistema monetario basato sulla fiducia: e se la fiducia crolla, e tutti si presentano agli sportelli bancari a chiedere in cambio delle banconote il 'denaro sonante', o oro che dir si voglia, si hanno i famosi crack finanziari durante i quali le banconote tornano ad essere ciò che realmente sono: carta. Sull'onda poi della 'rivoluzione tenologica' assistiamo alla evoluzione, in senso sempre più virtuale, del denaro: dalla banconota passiamo ai titoli, alle azioni, alle obbligazioni, ai pegni, alle ipoteche, alle polizze di assicurazione, ai fondi di previdenza, alle rateizzazioni.
Il denaro, separandosi dalla moneta, assume la forma del credito. Acquista quindi un'esistenza del tutto autonoma, staccata dalle specifiche merci e, pur non possedendo più alcun valore intrinseco, diventa a sua volta merce in quanto denaro. Il che non è solo lucroso ma addirittura inevitabile: infatti tutte le merci esistenti non sono più in grado di soddisfare la gigantesca massa di denaro che si è venuta a creare. Nasce la Borsa, ove azioni, obbligazioni, titoli di Stato, valute, Financial Futures, Derivati, swaps, hedges, knock-out e chi più ne ha più ne metta partecipano a questo gioco cannibalico del denaro che avidamente compra se stesso, un traffico in cui si compra e si vende ciò che non esiste, o meglio si comprano e si vendono proiezioni mentali nel futuro i Futures appunto!
Si è fatto strada il principio che non è ricco chi lavora, ma chi lavora col denaro. Siamo al denaro finanziario: un percorso obbligato, perché il denaro finanziario sta al denaro, per così dire, commerciale, come il missile atomico alla pallottola. Inventata l'una non si può che arrivare all'altro.
Dunque questo il percorso durato tremila anni: Moneta - merce (buoi, riso, sale, pelli, ecc.), moneta (coniata in metallo prezioso), moneta cartacea (convertibile in oro o argento), banconota (non più convertibile in oro o argento), moneta scritturale (assegni, depositi, partite di giro), moneta elettronica (denaro formato da bit e byte, cioè da impulsi elettronici, plastic card, smart-chip-card).
Si spezza così l'ultimo legame fra denaro e materia, e l'unico elemento frenante di una finanza completamente virtuale sono le persone. Karl Marx ha scritto con profonda intuizione: 'Il materiale in cui si esprime questo simbolo [il denaro] non è affatto indifferente, per quanto diverso esso si presenti storicamente. Insieme al simbolo, lo sviluppo della società elabora anche il materiale a essa sempre più corrispondente'. A un denaro virtuale non può che corrispondere una società virtuale.
Oggi il principio fondamentale di ogni agire economico è la mancanza di scrupoli. Si ha prestigio se si ha denaro, ma si ha denaro anche grazie al prestigio, perché è quest'ultimo che oggi conferisce quella credibilità che una volta era riservata all'onestà. Scrive G. Simmel5: 'L'indifferenza con cui si presta ad ogni utilizzazione, l'infedeltà con cui si separa da ogni oggetto, perché non era veramente legato a nessuno, l'oggettività, che esclude qualsiasi rapporto affettivo e lo rende adatto ad essere un puro mezzo, tutto ciò determina un'analogia fatale fra denaro e prostituzione'. E così, come il cane finisce per assomigliare al suo padrone, assumendone tic e fisionomia, l'uomo d'oggi è come il suo denaro: frenetico e vuoto. I due orgogli della società liberale uscita dalla Rivoluzione industriale, il primato della politica e della democrazia, si sono sottomessi alle leggi del mercato finanziario internazionale. E quindi i governanti e le loro scelte dipendono dal denaro e dalle strutture che lo governano (FMI, Banca Mondiale ecc.) 6.
Denaro e benessere dell'uomo non hanno nulla da spartire, anzi sono su sponde opposte: il cibo non va dove c'è la fame ma dove c'è il denaro che può comprarlo ai prezzi più remunerativi, durante la guerra il denaro prospera ma la gente sta male, la ricchezza aumenta e la popolazione impoverisce. Sembra che ci sia qualcosa che non quadri: e invece quadra tutto benissimo, dato che il valore è il denaro e niente altro. Gli uomini sono valutati in base a ciò che guadagnano e le disuguaglianze, da quando ha preso piede l'economia monetaria, non hanno fatto che aumentare.
I valori che distinguono la società moderna da tutte le altre si rifanno al primato della visione economica, secondo la quale in un mondo di oggetti non possedere significa non esistere. Insomma da un lato il sistema, usando il denaro come specchietto per le allodole, spinge una parte degli uomini a lavorare freneticamente e sempre di più, dall'altro impedisce di lavorare a chi ne ha bisogno.
La capacit� del denaro di crescere come un tumore sul corpo che gli ha dato vita sino ad invaderlo completamente, soffocarlo e distruggerlo, deriva dalla sua natura squisitamente tautologica, dalla sua attitudine ad autolimentarsi, diventando cos� un fine, un fine ultimo, un fine che non ha altri fini al di fuori di se stesso. E poich� il denaro � un sacco vuoto, un puro Nulla, il suo fine non ha mai fine, si pone in un futuro irraggiungibile, trascinando con s�, in questa corsa verso il niente, l'uomo.
Questa natura � particolarmente evidente nel meccanismo finanziario, del denaro che compra denaro. Scrive Bazelon7: 'Il denaro finanziario non � denaro da spendere. Con esso non si compra mai nulla; serve a guadagnare altro denaro. E quando poi si � in pieno movimento, non si compra nulla nemmeno col denaro guadagnato sul denato adoperato per guadagnarlo, e cos� via.' E i risparmiatori sono i fessi storici di questa vicenda, quelli che, avendone poco, finanziano strutturalmente quelli che ne maneggiano molto, quelli che risparmiano perché temono (causa la disoccupazione e l'abbassamento dei salari) per il futuro.
Non hanno capito che a essere diventato precario non è il futuro, ma il denaro.
Il denaro dunque non è mai stato così presente nella nostra esistenza come oggi che, fisicamente, è assente. Impregna la nostra mentalità, modella le nostre coscienze, determina i nostri stili di vita. Automobili, aerei, telefoni, telefonini, fax, computer, nati allo scopo di risparmiare tempo, ci vedono in continuo affanno, con gli occhi sempre rivolti all'orologio. Non abbiamo tempo di vivere il presente perché ci è rubato dal futuro: questi sono i ritmi cui ci obbliga la logica del denaro. La vita è tutto un soppesare, calcolare, misurare i costi e i ricavi delle nostre e delle altrui azioni. Tutto è tradotto a valutato in termini di denaro. Tutto è business. Anche le attività più spirituali e i sentimenti più sacri sono misurati in denaro: dalla ricorrenza del giorno dei morti ('un business da 100 miliardi') alla morte dei Vip (lady Diana) alla malattia. Neppure la vecchiaia è più la vecchiaia ma il 'rischio vecchiaia' (dal punto di vista assicurativo o della previdenza).
Cos� funziona anche il circuito creditizio internazionale: crediti enormi, ormai inesigibili, vengono pagati sempre pi� spesso aprendo altre linee di credito al debitore. Cio� il creditore paga il debitore perch� lo paghi. Soddisfa la promessa di pagamento di cui � detentore con un'altra (vedi gli Stati Uniti con l'Europa dopo la prima guerra mondiale ed oggi con l'Est asiatico, o il Messico ed il Terzo Mondo con i paesi industrializzati).
Così funziona l'attività industriale e commerciale: non si producono o vendono cose utili a chi non le ha, si produce per ottenere valore di scambio e cioè denaro, si deve produrre per produrre (per questo, nonostante esista una tecnologia in grado di produrre materiali quasi indistruttibili, i prodotti hanno una resistenza e un'esistenza sempre più breve). Così funziona il sistema di creazione di nuovi bisogni da soddisfare con nuovi beni (l'offerta che crea la domanda). La produzione non serve più per la soddisfazione di un bisogno ma per accaparrare denaro in funzione del denaro. A questo punto della storia dell'uomo il denaro è diventato la sostanza materiale dell'esistenza, è diventato la 'vera comunità'. È diventato tutto.
NOTE: